Opera: Busto del Laocoonte

Copia di scultura

Busto del Laocoonte (scultura in gesso)

Copia

Dimensioni
busto 85 cm in altezza, 54 cm in larghezza, 32 cm in profondità (particolare)
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Mimica del volto umano

Originale

Autore
Agesandros, Polydoros, Athenodoros
Data
40-20 a.C.
Periodo
Greco
Dimensioni
gruppo scultoreo intero: 208 cm in altezza, 163 cm in larghezza, 112 in profondità
Materiale
marmo
Luogo
Città del Vaticano, Musei VaticaniSi apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

“Laocoonte si sforza di sciogliere quei nodi con le mani
ed intanto leva sino alle stelle grida orrende, muggiti
simili a quelli d’un toro che riesca a fuggire dall’altare,
scuotendo via dal capo la scure che l’ha solo ferito”,
Virgilio, dal Secondo Libro dell’Eneide.

Virgilio in questi versi tragici racconta la disperazione di Laocoonte, sacerdote troiano, che si era opposto all’ingresso del cavallo di legno entro le mura di Troia: espediente ideato dall’eroe greco Ulisse, per espugnare la città nemica.

L’episodio è stato immortalato in un celebre gruppo scultoreo in marmo bianco descritto dallo storico Plinio come il capolavoro di Athanodoro, Agesandro e Polidoro di Rodi. L’opera, databile tra il 40-20 avanti Cristo e alta oltre 2 metri, raffigura Laocoonte e i suoi due figli che si dimenano, avvolti dai lunghi serpenti marini, inviati dagli dei favorevoli ai Greci.

Al Museo Omero è esposta una copia in gesso del solo busto di Laocoonte, alta 85 centimetri. La testa, dalla capigliatura scomposta, appare drammaticamente inclinata verso la spalla sinistra. Il viso è una maschera che esprime un disperato senso di panico: la bocca è aperta in un grido di aiuto e le sporgenti arcate sopraciliari sono aggrottate in un’espressione di dolore. Il torso, inarcato verso sinistra, mostra una muscolatura degna di un combattente.

I tre scultori hanno unito una buona dose di drammaticità al virtuosismo tecnico, riuscendo così a materializzare uno stato d’animo: lo sgomento, la disperazione del padre che non riesce a salvare i propri figli. Queste caratteristiche erano tipiche dell’arte scultorea del periodo ellenistico: gli artisti erano sempre più interessati a ritrarre la psicologia dell’essere umano, non più assoggettato ad una madre natura cosmica e serena.