Opera: Volto di Mosè

Copia di scultura

Volto di Mosè (copia in gesso)

Copia

Dimensioni
80 cm in altezza; dettaglio
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Rinascimentale
Itinerante
Quest’opera fa parte della sezione itinerante.

Originale

Autore
Michelangelo Buonarroti
Data
1513 - 1515, ritoccata 1542
Periodo
Rinascimentale
Dimensioni
253 cm in altezza
Materiale
marmo
Luogo
Roma, San Pietro in Vincoli Si apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

“Michelangelo ha finito il Mosè in marmo (…) che non ha eguali né nelle opere moderne né in quelle antiche (…) I capelli, così difficili da rendere nelle sculture, sono talmente soffici e morbidi che sembra che quasi lo scalpello di ferro si sia trasformato in un pennello. La bellissima faccia, come quella di un santo (…) così splendido e luminoso, e l’artista ha presentato nel marmo la divinità con cui Dio ha reso quel volto santo (…)”, Giorgio Vasari.

A Roma, nella Basilica di San Pietro in Vincoli è custodita una delle più note creazioni scultoree di Michelangelo Buonarroti: il Mosè. Alto 235 centimetri inserito nel complesso monumentale dedicato alla tomba di papa Giulio II.

Il Museo Omero oltre alla copia dell’intera statua possiede anche la copia del volto del Mosè: un calco al vero in gesso alabastrino alta 80 centimetri.
Le fattezze sono quelle di un uomo anziano, ma con un viso volitivo. I capelli sono mossi, folti e uniti alla barba creano lunghe ciocche. La fronte è corrugata e pronunciata. Secondo Freud nell’espressione del viso di Mosè convivono l’ira, il disprezzo e il dolore. L’ira è nelle sopracciglia contorte e minacciose; il disprezzo risiede nel labbro inferiore sporgente con gli angoli della bocca piegati verso il basso e il dolore abita nello sguardo intenso e severo. Sembra che la collera del patriarca per il popolo che danza festoso e venera il Vitello d’oro sia trattenuta e controllata.

Mosè non ci guarda, non incrocia lo sguardo con i visitatori, occorre cercarlo e girargli attorno per riuscire ad incontrare i suoi grandi occhi. Le corna sul capo sono dovute ad un errore di traduzione dall’ebraico al latino del Libro dell’Esodo, nel quale si narra che Mosè scendendo dal Monte Sinai avesse il volto pieno di luce. Il termine “qaran”, che significa “raggiante”, viene tradotto con il termine “corna”, confuso probabilmente con il termine “qeren”. Ciò racconta la presenza delle corna, che lo rendono ancora più terribile.