Giancarlo Galeazzi, docente emerito di Filosofia all’Istituto teologico marchigiano della Pontifica Università Lateranense
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Da almeno due punti di vista può essere riguardata l’opera d’arte: sul versante della produzione e su quello della fruizione. Su entrambi i versanti tutti e cinque gli organi di senso possono essere coinvolti sia nella creatività dell’artista (che di volta in volta ne privilegia uno in rapporto ad uno specifico ambito) sia nella percezione degli spettatori. Solo relativamente alle arti visuali un organo di senso – il tatto – sembrava dovesse essere escluso a livello di fruizione da parte dei ciechi, ma oggi non è più così, in quanto è stata messa in discussione la regola del “guardare e non toccare” le opere d’arte, e bisogna riconoscere grande merito a chi ha mostrato che anche il tatto offre la possibilità di avvicinarle.
Tale approccio, ha dischiuso per non vedenti e ipovedenti la possibilità di una “fruizione tattile” di queste opere, toccate nell’originale o nella loro riproduzione o adattate su scala. Si tratta di una possibilità che si è rivelata anche più significativa quando è stato mostrato che l’esperienza tattile nei confronti di opere artistiche è arricchente anche per i normovedenti, in quanto il “toccare” rende possibile accostare l’arte in modo nuovo, ed è esperienza preziosa anche per i vedenti, per i quali la possibilità di toccare l’opera d’arte può aggiungersi positivamente all’esperienza della vista. Pertanto mettere “l’arte a portata di mano” permette la “scoperta dei valori della tattilità” e la formulazione di “un’estetica della tattilità” , per usare espressioni di Aldo Grassini poste a titolo di alcune pubblicazioni del Museo Tattile Statale Omero. In tal modo si sottolinea che la “tattilità” può costituire nella fruizione artistica una opportunità per tutti – vedenti e non vedenti – con ricadute non solo sul piano estetico, ma anche su quello propriamente esistenziale.