Mariella Martelli, organista, clavicembalista, compositrice, dottoressa in storia e conservazione beni culturali.
…Francesco degli Organi, che vede
con mente più che con corporal lume…
Jacopo da Montepulciano, La Fimerodia
Francesco Cieco, Franciscus, Francesco degli Organi, Franciscus de Florentia, “Hic est Magister Franciscus Cecus Horganista de florentia”: così veniva ricordato Francesco Landini, uno dei più importanti musicisti italiani dell’Ars Nova italiana del XIV secolo, nato a Fiesole (FI) nel 1335 circa e deceduto a Firenze, domenica 2 settembre 1397.
Cristoforo Landini, suo celebre pronipote e umanista, ci testimonia che il loro casato era di origine aretina, ma il nome di famiglia non compare nei manoscritti musicali landiniani.
Francesco Landini era figlio di “Jacopo del Casentino pittore” (un “giottesco” che fu membro della Corporazione di San Luca, la quale rappresentava pittori e scultori, oltre ad altri artigiani) ed era fratello di Matteo (pittore come il padre) e Nuccio, musicista e suo valente collaboratore.
Secondo il cronista Filippo Villani, il vaiolo lo rese cieco in giovanissima età e, sin dalla sua fanciullezza, Francesco iniziò a cantare forse proprio tra i pueri cantores grazie agli insegnamenti delle suore benedettine che praticavano una fiorente attività musicale nella Parrocchia di Santa Felicita: la famiglia Landini abitava in Vicolo del Pozzo Toscanelli, nel quartiere di Santo Spirito.
Landini fu riconosciuto come celeberrimo cantore, organista, organaro, polistrumentista, inventore della Syrena Syrenarum (strumento cordofono dalle dolcissime sonorità con il quale accompagnava la sua voce) e compositore di chiara fama, tanto che nel 1360 gli venne commissionato il madrigale intitolato “Una colomba candida e gentile” per le nozze di Isabella di Valois con Gian Galeazzo Visconti.
Tra le fonti primarie che testimoniano la sua poliedrica attività, citiamo le “Ricordanze” del Monastero di Santa Trinità in Vallombrosa (Firenze). I monaci benedettini annotarono, in data 26 maggio 1361, un pagamento per il trasporto di un organo dalla casa del ventiseienne Landini fino al monastero; i pagamenti continuarono fino al 1363, quando Landini e suo fratello Nuccio furono remunerati come organisti (Nuccio era anche manticiaro, vale a dire colui che azionava i mantici per far suonare l’organo).
Nel 1365, Landini divenne cappellano del Capitolo della Basilica di San Lorenzo (consacrata nel 393 d.C. da Sant’ Ambrogio, fu prima basilica fiorentina dotata di un Collegio di Canonici, poi divenuta chiesa ufficiale della famiglia Medici) collaborando con Lorenzo di Masino (compositore illustre che musicò testi di Giovanni Boccaccio, Niccolò Soldanieri e Franco Sacchetti) che lo mise in contatto con i più importanti rimatori fiorentini coevi.
Lorenzo di Masino morì probabilmente nel 1372 e, in data 6 aprile 1373, il Capitolo di San Lorenzo stipulò un contratto notarile con Landini per sostituire il defunto Lorenzo: poiché Francesco era cieco, il Capitolo doveva provvedere in tutto al suo sostentamento con 60 lire annue, definendolo “familiarem perpetuum”.
Nel 1368, a soli 33 anni, Landini fu proclamato “Musicista coronatus”: secondo Villani, egli fu coronato di alloro dal re di Cipro, Pietro Lusignano, a Venezia in occasione della terza visita del sovrano sotto il dogato di Andrea Contarini.
La data del 1364, indicata come probabile per la proclamazione in Venezia, non sembra possibile perché vi era presente Francesco Petrarca il quale non parlò di un certame musicale nelle sue “Epistole”.
Nel 1374, presso il Convento della Ss. Annunziata (dell’Ordine dei Servìti) di Firenze, Landini è ricordato in una “nota spese” di mano del frate musicista e compositore Andrea dei Servi (di Maria), noto come fra Andrea di Giovanni (?-1415) o “fra Andrea degli orghani”: gli importi erogati si riferiscono al progetto per la costruzione del nuovo organo con pedaliera, commissionato dal Padre Generale fra’ Andrea da Faenza a sue spese, costruito da fra’ Domenico da Siena che vi lavorò per quattro mesi e mezzo.
Landini stette tre giorni in chiesa per sovrintendere alle due accordature necessarie per mettere a punto lo strumento che venne terminato per la Solennità di Ognissanti di quell’anno.
Va pure ricordato che la “nota spese” del 29 settembre 1379, sempre redatta da Fra’ Andrea “de’ Servi”, fa anche memoria del pagamento, con nove “solidi”, per la commissione di cinque mottetti: questa notizia è importante perché, allo stato attuale delle ricerche, non si hanno ritrovamenti di musica sacra landiniana.
Infatti, conosciamo soltanto alcuni esempi di “contrafactum” di sue composizioni che vennero “spogliate” del testo profano e “rivestite” con un testo liturgico: “Questa fanciulla, Amor, fallami pia” è una ballata landiniana (eseguibile vocalmente con il contributo di vari strumenti) che doveva aver goduto di un ampio successo, tanto da essere dotata di un testo sacro (“Agnus Dei”), ora conservato nei libri corali della Chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele in provincia di Chieti, come “Kyrie” (conservato a Monaco di Baviera) e come bicinium organistico di “Anonimo” (Parigi, Bibliothèque Nationale,).
Fu anche l’ideatore di una “cadenza” di particolare importanza per la storia della composizione polifonica occidentale: si tratta di una speciale formula melodica, posta in mezzo al brano e anche al suo termine, usata per la prima volta nella sua ballata “Non avrà mai pietà” e ben presto adottata dagli altri compositori in tutta Europa.
I testi, coniati di suo pugno, sono caratterizzati dall’uso del senhal, una figura retorica tipica della poesia medievale usata per nascondere, nei versi, il nome del loro destinatario (es. Lena rimanda a Maddalena).
Landini fece ampio uso delle figure retoriche rese musicalmente con particolari accorgimenti molto efficaci per ottenere un equilibrio espressivo tra il testo e la musica ad esso applicata, costruendo un chiaro esempio ante litteram dei più noti “madrigalismi” cinquecenteschi: Catabasi (andamento discendente della melodia che simboleggia lo scendere delle lacrime dagli occhi usata in concomitanza con la parola “piangete”; un topos compositivo amatissimo e usato anche da grandi compositori più recenti, come Wolfgang Amadeus Mozart nel celeberrimo mottetto “Ave verum corpus” alla parola “perforatum”), Anabasi, Abruptio (improvvisa interruzione della composizione, utilizzata anche da Giuseppe Verdi ne “La Traviata”, per dare maggiore peso alla sezione musicale seguente), Contrarium (il moto contrario delle parti vocali che simboleggiano affetti opposti), Parrhesia (alla parola “petra”, Landini usa un duro e dissonante “cluster” di due note contigue, eseguite da due registri vocali diversi, per indicare la durezza di cuore dell’amata che non ricambia il sentimento del poeta), Suspiratio resa in musica con l’Hoquetus (alternanza di suoni e pause tra le diverse voci della composizione polifonica, particolarmente evocativa del sospiro o dell’incertezza), mentre le note ribattute sono usate in concomitanza con le parole “sì d’amor per-cosso”.
L’attività di organaro continuò con commissioni di alto profilo: nel 1387, egli fu chiamato a collaborare alla costruzione del nuovo organo di S. Maria del Fiore in Firenze.
Morì nel 1397 a 62 anni (lasciando 300 fiorini per “obblighi di suffragi”) e Giovanni Mazzuoli gli succedette nelle mansioni presso il Capitolo della Chiesa di San Lorenzo in Firenze.
Oggi le sue spoglie riposano nella navata sud della Chiesa di San Lorenzo: la sua pietra tombale lo ritrae senza la corona di alloro, mentre nella preziosa miniatura del Codice Squarcialupi, custodito a Firenze presso la Biblioteca Medicea Laurenziana, lo ritrae coronato d’alloro e dotato del suo inseparabile “organetto”, noto anche come “organo portativo” (uno strumento aerofono di piccole dimensioni: lo si appoggia sulla gamba sinistra, la mano destra suona la tastiera di piccola estensione e la sinistra aziona il mantice che fornisce aria alle canne), capace di effetti dinamici di grande espressività. Il sontuoso Codice Squarcialupi era di proprietà del “M° Antonio di Bartolomeo Schuarcialupi horganisto” di S. Maria del Fiore al servizio di Lorenzo il Magnifico, e ci tramanda, oltre ai numerosi brani del Nostro, questo splendido ritratto di Landini, incluso nel capolettera del suo madrigale a tre voci “Musica son che mi dolgo” (foglio 246): il compositore è raffigurato seduto, con l’organo portativo appoggiato sulla gamba sinistra e in foglia d’oro nel registro alto della pagina, al quale fa da contraltare una figura femminile (forse una rappresentazione di Santa Cecilia? Un’allegoria della Musica?) con il proprio organetto, sempre in foglia d’oro, nel registro inferiore del manoscritto, a conferma del grande onore tributato al grande “cieco degli organi”.