di Anna Gioia, ricercatrice e docente di arte e scenografia.
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Sono in piedi, in fila, bendata, con la mia mano destra poggiata sulla spalla della persona posta avanti a me. Delicatamente una voce mi guida sul da farsi, rassicurandomi, sono in un luogo protetto, con persone esperte di cui fidarmi. Sono in un museo e sto per vivere un’esperienza profondamente arricchente: l’immersione in un mondo che non mi appartiene, ma in cui le persone non vedenti sono quotidianamente immerse. Un mondo in cui una miriade di sensazioni, come sentire le voci dei passanti, il rumore del traffico, l’odore del pane appena sfornato, descrivono le caratteristiche dei luoghi fornendo a chi non vede una fisionomia ben definita.
Sentire la bellezza dell’arte con il tatto, percepire la forma, la durezza, ogni piccola variazione di materia, godere, nel silenzio della sala, del suono delle mie dita che le accarezzano; farsi guidare nell’esplorazione delle opere messe a disposizione è ciò che rende concreto il vuoto che mi circonda. Sensazioni che fanno riflettere sulla percezione del mondo da parte di chi è costretto a rapportarsi alla realtà attraverso modalità differenti. È una mostra al buio organizzata dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona ed è esattamente da questi piccoli turbamenti che parte l’idea ed il desiderio di indagare, approfondire, la tematica della percezione tattile e non solo, in rapporto alla disabilità visiva che ha guidato la progettazione dell’oggetto multisensoriale di cui parlo in questo articolo.
L’oggetto di sperimentazione multisensoriale identificato con il nome “Verso l’alto tra tatto e suono” è la conclusione di un viaggio che ha attraverso diverse stazioni. Indagare la disabilità visiva, declinandola verso il mondo dell’arte, mi ha permesso, infatti, di pensare fuori dagli schemi e di progettare in maniera creativa, ma con “metodo”, come direbbe Bruno Munari, artista poliedrico molto attento al potere educativo dell’arte.
Una “piccola” sfida che ruota intorno al concetto che se la pittura è arte, l’arte è cultura e la cultura può essere insegnata a tutti, allora anche la pittura, o almeno il suo piacere estetico, può essere insegnato a persone con disabilità visiva. In che modo? Attraverso un progetto multisensoriale che prende in prestito un’opera di Vasilij Kandinskij, intitolata “Verso l’alto”, e la sua poetica che meticolosamente descrive nel suo saggio “Lo Spirituale nell’arte”.
Tra tatto e suono: lo spirituale nell’arte
L’arte per Kandinskij (1866-1944) ha il compito di far risuonare l’anima, di elevare lo spirito di chi la osserva, questa è per l’artista anche la sua funzione sociale. Infatti nel suo saggio “Lo spirituale nell’arte” afferma che l’arte nasce dal “principio della necessità interiore” ovvero è intimamente necessaria.
La visione di Kandinskij era quella di dar vita ad un’arte evocativa, capace di allontanarsi dall’osservazione della realtà, avvicinandosi alla comprensione degli stati d’animo. Per lui i colori sono infatti come note musicali che l’artista dispone sulla tela/spartito con lo scopo di muovere l’anima di chi si trova davanti all’opera. È in questo modo che la pittura si avvicina alla musica ed i colori ai suoni.
Per Kandinskij l’arte è simile alla musica ed i suoi dipinti sono una “sinfonia di colori” in cui cerca di catturare il “suono interiore” degli elementi, quella dimensione emozionale e spirituale che non si può esprimere a parole, non è tangibile.
È l’incontro con la musica del compositore austriaco Arnold Schönberg, in un concerto avvenuto nel gennaio del 1911, il momento decisivo in cui la sua arte cambia ed il suo pensiero prende forma. Decide di rappresentare le sue impressioni in un dipinto destinato a diventare uno dei suoi più celebri capolavori: “Impressione III: Concerto”. Questo titolo sottolinea ulteriormente quanto fosse stretto per l’artista il legame tra arte e musica, inoltre, colpito dalle composizioni “dissonanti”, libere da regole precostituite, di Schönberg, iniziò a scrivergli dando vita ad un interessante rapporto epistolare.
La relazione tra il visibile e l’invisibile
Le sue opere sono una trasmissione di forze, un trionfo di colori che assumono le forme più libere e svariate; sono composizioni vibranti, astratte e fluidamente geometriche che cercano di catturare l’esperienza sinfonica dei suoi sensi. Infatti, per comprendere l’universo interiore che ha voluto rappresentare occorre, come per la musica, mettersi in contatto percettivo totale con tutti i sensi.
È un’arte totalizzante che pone in relazione il “visibile”, dell’arte pittorica, con l'”invisibile” del suono.
Attraverso la poetica di Kandinskij ho cercato di tradurre una delle sue opere per poterla rendere accessibile anche alle persone non vedenti.
L’intento non è quello di associare un suono al colore in maniera universale, questo sarebbe impossibile, ma di raccontare attraverso gli altri sensi ciò che Kandinskij vedeva. Andare oltre la semplice esplorazione tattile, un’operazione didascalica di conoscenza, per approcciare il lato più sensibile della sua arte.
Abbiamo la fortuna di poter conoscere la sua poetica grazie ai suoi scritti, di indagarne il pensiero tramutato in pittura, e allora perché non provare a rendere tattilmente udibile ciò che non è a tutti visibile.
La realizzazione dell’oggetto multisensoriale di cui parlo ha lo scopo di coinvolgere non solo il senso del tatto ma anche l’udito, in modo che ogni punto dell’opera di Kandinskij, tradotta tridimensionalmente, possa sprigionare un suono che ne rispecchi l’anima al semplice tocco.
L’obiettivo non è restituire solo l’immagine del dipinto, che potrebbe essere fatta con una puntuale verbalizzazione, ma spingere chi esplora ad entrare in risonanza con esso, raccontare e produrre un’esperienza rispettando la poetica dell’artista.
Dopo un’attenta analisi delle sue opere e di alcuni dei suoi scritti, l’attenzione si è concentrata sull’opera “Verso l’alto”, realizzata nel 1929, appartenente ad una serie di dipinti di volti astratti. Del volto comunque rimane solo una vaga allusione strutturale caratterizzata da forme primarie, quali curve e semicerchi unite ad elementi orizzontali e verticali, motivo per cui la sua scelta, per questa sperimentazione, non è stata casuale.
Kandinskij in quest’opera vuole ottenere un’energia che si propaga verso l’alto agganciando le forme tra loro e bilanciandole ai lati di una linea verticale continua, infatti le due parti che la compongono sono in perfetto equilibrio sulla verticale del dipinto. È il frutto di forme geometriche semplici che si compongono in una struttura più complessa, sospesa su un vibrante fondo verde, all’interno di uno spazio tridimensionale inesistente.
La parte alta è composta da una forma semicircolare sul lato sinistro dai toni aranciati che, slittando lungo il diametro verticale, supera il semicerchio più grande, posto sul lato destro, per invadere lo spazio al di sopra. Il semicerchio più grande è diviso ulteriormente in due parti: la parte alta richiama i toni dell’azzurro con al centro un punto blu, la parte bassa i toni del rosso chiaro e freddo.
Queste forme, unite alle linee rette orizzontali, nere e rosse, rappresentano un volto di profilo che delicatamente si poggia sulla punta delle forme geometriche poste in basso che rappresentano un corpo con le spalle spioventi. Interessante è la forma nera ritagliata nella base del motivo centrale, probabile allusione all’iniziale di Empor, titolo originale del dipinto.
La sintesi geometrica che caratterizza quest’opera ha reso possibile la sua traduzione in tre dimensioni in maniera quasi immediata. Forme geometriche ben descritte che ho potuto realizzare attraverso il software “Tinkercad”, progettato da Autodesck, e la stampa 3D e che hanno dato il via alla sperimentazione di “Verso l’alto tra tatto e suono”.
La progettazione di quest’oggetto multisensoriale ha coinvolto diversi aspetti, anche quelli sonori.
Infatti dopo aver realizzato i vari elementi che compongono l’immagine in 3D, ho scelto i suoni con i relativi strumenti che avrebbero dovuto rispecchiare la poetica di Kandinskij. Sette strumenti per sette colori, come descrive nel suo saggio sopracitato, scelti nell’area lirico-sinfonica visto che quando si parla di questo artista si entra nel campo dell’astrattismo lirico, in cui il verde ha il suono del violino, l’arancione della campana, l’azzurro del flauto, il rosso freddo del violoncello, il rosso caldo della tuba, il giallo della tromba, il viola del corno inglese.
A questo punto, la necessità era far comunicare la parte tattile con la parte sonora, motivo per cui le superfici, originariamente in plastica, sono state rivestite con un materiale conduttore in modo da emettere un suono. La difficoltà è stata trovare il materiale adatto, che potesse essere manipolato manualmente in modo da piegarlo alle esigenze richieste dal progetto. La scelta è ricaduta su lastre di rame dello spessore di 0,5 mm tagliate con l’uso di apposite forbici, e rifinite con lime da ferro e carta vetro, in modo da rendere i bordi non taglienti e la superficie più opaca.
Ottenuto l’oggetto in tre dimensioni, gli elementi in rame necessari ed i suoni, ho trovato il modo di farli dialogare usando una tecnologia molto semplice: il Makey Makey, un kit per la creazione di circuiti elettrici, ed il software Scratch per la programmazione.
Il tutto è stato poi montato su una scatola di legno di colore nero della dimensione di 30×20 cm profonda 3 cm, dall’interno cavo in modo da nascondere il circuito. Anche la scelta della dimensione dell’oggetto totale non è stata casuale, ha la grandezza di un A4 in modo che la costruzione dell’immagine mentale possa essere facilitata da un’esplorazione spaziale contenuta. Inoltre l’attivazione dei suoni avviene solo se il circuito viene chiuso toccando con una mano una piastrina di rame posizionata appositamente sul lato, mentre l’altra esplora, in modo che possa avvenire anche una prima esplorazione senza audio se necessario.
Attualmente per funzionare è previsto l’uso di un pc portatile, ma potrebbe essere realizzato anche attraverso l’uso di un Raspberry, ossia un piccolo computer compatto a cui collegare delle casse da cui far uscire il suono, compatibile con l’applicazione Scratch e Makey Makey, in modo da rendere il tutto più maneggevole.
Esaltare le differenze individuali per una comunicazione totale – anche a scuola
“Verso l’alto tra tatto e suono” è un oggetto multisensoriale costruito per le persone non vedenti, ma anche per chi è disposto ad approcciare l’arte in maniera alternativa, mettendo in gioco la propria sensibilità e sensorialità, nell’intento di aprire la strada ad una percezione dell’arte più ampia. Tenta, inoltre, di rispondere ad un percorso di didattica inclusiva nella ricerca di un itinerario “diversificato”, ma “per tutti e ciascuno”.
La sua realizzazione da parte di una intera classe si configura come possibilità di acquisizione di competenze trasversali per tutti, rispondendo ai principi dell’Universal Design for Learning (UDL), i quali invitano i curricoli didattici verso una molteplicità di mezzi di rappresentazione di contenuti formativi, di espressione dei saperi raggiunti e di coinvolgimento degli studenti nei processi di apprendimento.
È un oggetto che potrebbe essere realizzato da una classe di una scuola secondaria di secondo grado, per un alunno non vedente di una scuola di primo o secondo grado, in modo che la realizzazione e la fruizione del prodotto diventino stimolo di conoscenza, coinvolgendo tutti in un percorso virtuoso alla ricerca di soluzioni accessibili. L’alunno non vedente con la sua sensibilità percettiva, inoltre, potrebbe diventare risorsa fondamentale per i suoi compagni, ai quali insegnare l’importanza dello sviluppo degli altri sensi, dimostrando che il mondo non è fatto solo di luce e colori, ma anche di suoni, di forme tattilmente percepibili, di odori, di sapori. Attraverso la conoscenza ed il riconoscimento reciproco, si creerebbero vicinanze, contatti, attribuzioni positive, appartenenze, condivisioni di percorsi, con le aspettative di sviluppo che ne conseguono. Importante quindi non diventa solo l’oggetto multisensoriale in sé ma anche il percorso per poter arrivare alla sua concreta realizzazione.
Comprendere la potenza e l’uso degli altri sensi vicarianti, oramai dormienti in una società in cui la vista è il principale canale comunicativo, è infatti ciò verso cui bisognerebbe spingere per costruire uno spazio di dialogo tra il principio di normalità e di specialità, definita da Ianes “la speciale normalità”.
Kandinskij con le sue opere, e soprattutto con la sua poetica, ci fornisce la possibilità concreta di rendere tutto ciò reale e la scuola, con i suoi insegnamenti, può diventare un luogo in cui le diversità si incontrano, correggendosi e contaminandosi, potenziando così il loro valore per lo sviluppo di un’educazione inclusiva.
Conoscere la diversità, parlare apertamente delle differenze individuali, inoltre, permetterebbe di avere degli strumenti in più di comprensione e comunicazione, di abbattere le barriere del pregiudizio, allargare orizzonti, sguardi, per costruire contesti formativi plurali e di appartenenza sociale solida ed equa, poiché chiedersi che tipo di educazione vogliamo attivare significa anche chiedersi che tipo di società vogliamo costruire.
La creatività e l’arte, quindi, possono essere un mezzo per poter valorizzare le differenze, i tanti modi di essere e di esprimersi, farli dialogare, dar vita ad opportunità di sviluppo personale e di partecipazione democratica, nell’intento di trasformare la scuola, e di conseguenza la società, in un luogo molto più inclusivo.