Il diario di una rosa

di Silvana Sperati.

Ascolta il vocale (mp3, 5 MB).

Erano gli anni ’90 ed io stavo sperimentando il Metodo Munari all’interno della scuola dell’infanzia.

Avevo allora un grande “consulente”, un amico speciale che andavo a trovare una volta al mese, oppure ogni due mesi, per mostrare le sperimentazioni realizzate con i bambini. Era Bruno Munari.

Questo ricordo credo possa aiutare a comprendere quella che fu la straordinarietà della persona e soprattutto la sua disponibilità ad accogliere i giovani, stimolandoli nei loro progetti.

In seguito ad una di quelle ricerche organizzammo una mostra di animali fantastici realizzati dai bambini, utilizzando solo carte di recupero. Il titolo fu scelto da Munari stesso: “Fantasie di carta”.

La mostra fu allestita, nella prima meta degli anni ’90, presso la galleria d’arte “Il Vicolo” a Voghera, spendendo solo 25.000 lire per un allestimento geniale fatto di cartoncini su cui venivano puntate le opere con degli spilli. In quella occasione regalai a Bruno la riproduzione di una delle opere dei bambini, realizzata da una artigiana con frammenti di vetro colorato. Il tutto sospeso con una cordicella metallica.

Poco tempo dopo andai a trovarlo a Milano. Non mi ricevette nello studio, ma nella sua casa posta all’ultimo piano del palazzo. Andammo nel suo bel terrazzo dove era allestito il suo speciale “giardino di bonsai” che curava da anni. In una sorta di “casetta”, ricavata nel terrazzo, vi era un tavolino, e tutti gli attrezzi per il giardinaggio. Lì rividi, con piacere, appesa alla cordicella, l’opera dei bambini che mandava ombre colorate quando era colpita dal sole.

Quello era un posto speciale per Bruno: vi passava tanto tempo a curare le piante e durante l’inverno diventava il luogo adatto per ripararle dal cattivo tempo. In quell’occasione Bruno mi mostrò tutte le sue coltivazioni e mi spiegò alcuni dei procedimenti che seguiva per curare gli alberelli. Uno di questi era un oleandro. Gli era stato donato, come regalo di nozze, da suo suocero.

Capivo che quello era uno spazio di cui era assoluto protagonista. Un angolo di verde sui terrazzi di Milano. Uno spazio dove immaginavo avesse la possibilità di continuare le osservazioni curiose che così tanto lo avevano coinvolto da bambino. La sua attenzione e la capacità di cogliere ogni elemento, ogni variabile non aveva limiti. Per questo la natura per lui era diventata il luogo privilegiato dove osservare i cambiamenti. Non solo osservava quello che poteva accadere in quel particolare momento, ma la sua attenzione si articolava fino al voler comprendere i processi.

Perché quel particolare elemento era fatto così? Cosa lo aveva generato? Come si sarebbe trasformato? Per questo Munari ci invita ad osservare, un giorno dopo l’altro, tutti i cambiamenti che la natura apparecchia accanto a noi. Per farlo può essere utile abituarsi a prendere appunti in un quaderno, magari facendo degli schizzi. Un apprendimento continuo, stimolato dalla curiosità di conoscere.

Da questo nasce quello che ho poi chiamato il “diario di una rosa”.

Si tratta di un’attività che propongo sia agli adulti che ai bambini. Quando si ha la possibilità di risiedere qualche giorno in campagna si può decidere qual è il fiore, tra tutti quelli presenti nella stagione propizia, che ci piace maggiormente. Dopo di che, con una cadenza fissata in precedenza, si lascia ogni attività che ci coinvolge per andare ad osservare i cambiamenti che, giorno dopo giorno, il fiore manifesta. Cambiamenti nella forma, nel colore, nella tonicità, nella struttura stessa. Fino alle trasformazioni che derivano dall’influenza dell’ambiente esterno: la luce nelle diverse ore del giorno, la pioggia piuttosto che la notte. Si tratta di un’esperienza molto arricchente.

Una volta, durante un corso formativo per adulti, chiesi ad una collega di suonare alcune volte, a sorpresa, una campanella per richiamare gli allievi a quella osservazione. La collega però suonava troppo spesso, oppure se ne dimenticava. Anche quello divenne un gioco.