Intervista a Giovanna Brambilla, responsabile dei Servizi Educativi della GaMEC-Bergamo, di Gabriella Papini
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- Giovanna Brambilla, lei è responsabile dei Servizi Educativi della GaMEC-Galleria d’Arte Moderna di Bergamo, dove già da tempo i visitatori non vedenti e ipovedenti possono incontrare l’arte anche toccando le opere. Quando e perché avete reso accessibile la vostra collezione all’approccio tattile?
- Le prime esperienze di approccio tattile alle opere sono avvenute nel 2001, per diventare poi stabili nell’arco di qualche anno. La ragione sta nel fatto che da sempre i Servizi Educativi della GAMeC considerano aspetto fondamentale dell’attività del museo mettere in atto una politica di inclusione e partecipazione alla vita culturale della città. Lo si legge anche nell’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, a cui ci ispiriamo. Nell’articolo 17 si legge che ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
La nostra scelta non è stata quella di attivare percorsi tattili a riproduzioni di opere d’arte, ma di consentire l’esplorazione tattile delle opere originali, sempre con una scrupolosa attenzione al fatto che questo non ne pregiudichi la conservazione. Parallelamente a questa modalità di visita delle opere abbiamo fatto realizzare delle tavole a rilievo con la planimetria del museo, o con riproduzioni di dipinti, e in collaborazione con alcuni studenti del Liceo Artistico Andrea Fantoni di Bergamo abbiamo progettato e creato delle riproduzioni di opere strutturate in modo tale da consentire non solo l’esplorazione tattile ma anche la possibilità di attivare la percezione di elementi come texture, materiali, disposizioni spaziali degli elementi.
Ci tengo a ricordare che la GAMeC ha scelto – proprio in nome di una politica inclusiva – di garantire la gratuità dell’accesso non solo a non vedenti e ipovedenti, e ai loro accompagnatori, ma a tutte le persone che per varie ragioni, temporanee o permanenti, sono in una situazione di fragilità, quindi sordi, disabili, ma anche migranti e uomini e donne in situazione di marginalità.
L’attività di accompagnamento e mediazione che le nostre educatrici e i nostri educatori museali svolgono su richiesta accompagnando non vedenti e ipovedenti in mostra e supportandoli nell’esplorazione tattile e nella descrizione delle opere sono offerte gratuitamente, grazie a un supporto di lunga data, che vede il Lions Club Valle Brembana farsi carico in modo permanente di questa attività.
- La sua esperienza diretta con questa tipologia di pubblico ha cambiato anche la sua percezione e il suo rapporto personale con le singole opere? Consentendole uno spazio o un momento percettivo più ampio e più allargato? In sintesi, avvicinarsi all’arte con la tattilità cambia la visione estetica? E se sì, in che modo?
- Premetto che non sempre tutte le opere possono essere liberamente toccate con grande frequenza, quindi quanto viene consentito a non vedenti e ipovedenti non è consentito ai visitatori, a meno che l’opera stessa non preveda di potere venire liberamente a contatto con il pubblico. Fatta questa specificazione, credo che avere reso possibile e permanente la possibilità di toccare una scelta di opere in ogni esposizione abbia in qualche modo educato il nostro sguardo a una percezione più approfondita dei lavori degli artisti, ci abbia accompagnato in una maggiore consapevolezza di materiali, superfici, calore, spingendoci a interrogarci su pieni e vuoti, cavità e sporgenze, guidando, ove possibile anche le scelte di allestimento per facilitare l’approccio ai lavori.
Al tempo stesso questa attività si configura come un percorso continuo, legato a una formazione costante, per la quale dobbiamo ringraziare Selene Carboni, che è stata la prima nostra educatrice ad appoggiare, avendone maturato le competenze, i percorsi per non vedenti e ipovedenti, e l’Unione Ciechi Italiana di Bergamo, in particolare Paolo Parimbelli – ma non solo – sempre disponibile ad incontrarci per aiutarci in una crescita esperienziale.
- L’esperienza di accoglienza della GaMEC nei confronti dei non vedenti ha influenzato anche l’accoglienza e le modalità di visita di tutto il pubblico in generale?
- Come Servizi Educativi andiamo particolarmente fieri di una modalità sartoriale di progettazione e conduzione di percorsi, il che significa che cerchiamo sempre di costruire le nostre proposte su misura delle richieste dell’utente. In questo il modo di accogliere i non vedenti è lo stesso, fatte le dovute differenze. che adottiamo con gli altri pubblici, con le scuole, con gli adulti in formazione.
- Il modello GaMEC è stato adottato anche da altri luoghi d’arte e di cultura della città di Bergamo? Avete cioè positivamente influenzato altri Musei o Gallerie?
- Bergamo è una città che presta molta attenzione al tema dell’accessibilità alla cultura. Il Museo di Storia Naturale, con Marco Valle, ha uno straordinario percorso tattile, uditivo, esperienziale, costruito con la consulenza dei non vedenti, che non deriva certo da una nostra influenza ma da una loro grande sensibilità verso la fruizione, mentre l’Accademia Carrara, al seguito della nostra esperienza, ha prima fatto realizzare una riproduzione a rilevo del famoso ritratto di Lionello d’Este, dipinto da Pisanello, e attualmente con Lucia Cecio, responsabile dei Servizi Educativi, sta strutturando un percorso tattile ad alcune sculture della Collezione Zeri.
- Alcuni sostengono che tra arte contemporanea e lettura tattile delle opere ci sia un nesso particolarmente stretto e consequenziale. Secondo lei è così? E a quale sviluppi si potrà arrivare lavorando su questa filosofia? La conoscenza e la fruizione dell’arte contemporanea da parte dei non vedenti può tracciare nuove strade e buone prassi per tutti?
- Credo che il nesso ci sia, dove ovviamente la ricerca specifica degli artisti porti in questa direzione. Posso fare un esempio recente? Dal 4 al 20 maggio 2018 lo Spazio Caleidoscopio della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ha ospitato la mostra dal titolo Linee di forza + varie sensazioni, a cura di Martina Sabbadini, uno dei due progetti vincitori della Sezione scuole curatoriali della nona edizione del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte – EnterPrize, riconoscimento che dal 2003 sostiene la ricerca di un curatore under 30.La mostra Linee di forza + varie sensazioni, ispirata da un’opera futurista di Giacomo Balla che stimola la sinestesia, dedica molta attenzione al tema della percezione di sé, dell’altro e dello spazio, temi sui quali sono stati chiamati a confrontarsi alcuni artisti. Ma l’elemento che sono qui a ricordare è la performance Walk, Hands, Eyes, con la quale chiunque fosse interessato poteva provare l’esperienza di una passeggiata silenziosa in città. Si veniva infatti guidati da alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo, formati dall’artista Myriam Lefkowitz. La passeggiata si basava sulla relazione di fiducia tra due persone che non si conoscono: il partecipante, ad occhi chiusi, veniva condotto dalla guida per le vie di Bergamo, tenendo gli occhi chiusi ma aprendoli, quando gli veniva suggerito, per cogliere con lo sguardo, di volta in volta, una visione inedita della città. La vista, quindi, e la sua assenza, diventano metodi di esplorazione nuova e speciale dello spazio. Nel mondo contemporaneo, dove l’iperstimolazione visiva genera una diffusa anestesia nei confronti degli stimoli delle immagini, dove l’occhio si sofferma frazioni di secondo su opere d’arte decisive per la storia dell’arte, la lentezza, l’attenzione con cui non vedenti e ipovedenti toccano le opere della GAMeC, la sfida per educatrici ed educatori nel trovare parole ricche e pregnanti per descrivere ciò che è esposto, sono forse un esercizio di stile fondamentale, una nuova pratica esplorativa che ci insegna come andrebbero percorsi i musei. Credo che questa modalità di visione sia uno dei fattori che ci fa credere che la narrazione sia un altro strumento strategico per creare legame tra le opere e le persone, non vedenti o vedenti che siano: dopo il tatto anche la voce.
Non sempre, infatti, sono i ciechi a non vedere le opere, come affermava Montale in una sua toccante poesia rivolta alla moglie, che lui chiamava mosca per gli occhiali molto spessi e il visus limitato:
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.