di Marcello Smarrelli.
Nella pratica artistica l’uso della luce è determinante e, spesso, connota sia l’artista che l’opera. Così come accade oggi ad Ancona, al Museo Omero, dove la mostra “L’ombra vede”, che coinvolge emotivamente e fisicamente, ne è la ineludibile conferma.
La luce o l’assenza della luce determina il nostro esserci o non esserci?
Insomma, anche il buio vede.
E la spiegazione che racconta Enzo Cucchi, che “per comprendere appieno un’opera, bisogna vederla solo al buio; perché le cose si conservano all’ombra e al buio e per guardare il mondo, si dovrebbe mettere la testa per terra, come le zucche”, consente di comprendere come non si tratti di una tradizionale mostra, ma di un‘ esperienza intima sensoriale costruita insieme all’artista.
Da una grotta a un’aia di campagna, il percorso da scenografico diventa fortemente sensoriale, fino a farci percepire lo spazio creativo dell’artista.
È per questo che ritengo utile riprendere un bel dialogo avuto con lui in una precedente occasione e che voglio riproporre, seppure in parte pubblicato (Skira – “I raggi del sole fanno il giro del mondo”), attorno al tema appunto del rapporto degli artisti con la luce.
Ecco le risposte di Enzo Cucchi alle specifiche domande:
La luce è quello che racconta Ortega y Gasset nel carteggio di Goya e Velázquez, la luce è quella con cui Velázquez illumina le cose.
La luce è una cosa che senti ma che non vedi. Quello che vedi è il colore, che esiste perché è svelato dalla luce.
La luce è l’unica cosa veramente bestemmiata ogni volta che la nominiamo, ma è l’unica bestemmia gloriosa.
La luce si sente e basta. La luce c’è o non c’è.
La luce per Piero della Francesca? La luce …è.
La luce di Caravaggio? La luce …è. È all’opposto di tutti quegli artisti la cui visione nebbiosa è solo un rigurgito di romanticismo.
La luce della scultura? La luce …è. Ma non è un intorno a sé, non la vedi girando intorno all’oggetto. La luce è dentro la scultura e si percepisce immediatamente al primo sguardo.
La luce nell’architettura? La luce … non è. Quando va bene, nell’architettura ci si orizzonta. La luce nell’architettura è una cosa di bassa lega.
La luce degli architetti? La luce … non è. È una luce artificiale, gli architetti creano una luce formale, sono ciechi, fanno palcoscenici e li illuminano. Fanno della luce quello che la luce non è: un abbaglio.
La luce del Sud? La luce …è. Piena di splendente sudore.
La luce della bellezza? La luce …è. Quella contemporanea è dopata. Bellezza con doping.
La luce della pietra? La luce…è. La pietra è luce e i marmi hanno gli occhi perché le cose che possono vedere hanno la luce dentro.
La forma della luce? La luce … è un triangolo.
Il numero della luce? La luce … è il numero tre.
La luce artificiale? La luce … non è. A livello universale ne potrebbero parlare meglio gli scienziati della NASA, a livello localistico l’elettricista sotto casa.
La luce di Roma? La luce …è. La luce di Roma è quella di una prostituta.
Dove va la luce? La luce …è. La luce illumina le cose necessarie.