Opera: Auriga di Delfi
Copia di scultura
Copia
- Dimensioni
- 180 cm in altezza
- Tecnica
- calco al vero
- Materiale
- gesso alabastrino
- Spazio
- Greco e Romano
Originale
- Data
- 474 a.C.
- Periodo
- Greco
- Dimensioni
- 180 cm in altezza
- Materiale
- bronzo
- Luogo
- Delfi, Museo ArcheologicoSi apre in una nuova finestra
Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.
Descrizione
“Gode egli i premî; ed il grembo
parrasio, fra il popolo accolto,
a lui la vittoria
gridò”.
Con queste parole il poeta greco Pindaro descrive il vincitore di una gara tenutasi durante i giochi Panellenici, competizioni sportive a carattere sacro che coinvolgevano tutte le città della Grecia.
Al Museo Omero è conservata la copia dal calco al vero, in gesso, dell’Auriga di Delfi. L’originale, in bronzo, faceva parte di un gruppo scultoreo raffigurante il guidatore di un carro (auriga) trainato quattro cavalli, vincitore di una gara. La scultura, dedicata al dio Apollo, fu probabilmente commissionata da Polizalos, tiranno di Gela. In origine collocata nel tempio di Apollo a Delfi è oggi conservata nel Museo Archeologico della città.
La statua dell’Auriga è la sola parte rimasta dell’intero complesso scultoreo. L’atleta è in piedi e indossa una lunga e pesante tunica a pieghe verticali, stretta in vita, che nasconde le forme del corpo. Il braccio sinistro è andato perduto; quello destro, nudo e proteso in avanti, rappresenta il solo accenno di movimento; la mano è racchiusa nell’atto di stringere le redini.
Una modellazione precisa sottolinea con minuzia i tendini e le vene nelle parti scoperte del corpo: il braccio e i piedi. Il bel viso, dalla forma regolare, è incorniciato dalla capigliatura formata da riccioli tenuti sulla fronte da una fascia, decorata con il motivo geometrico modulare del meandro.
I particolari venivano rifiniti col bulino solo dopo la fusione della statua, così da ottenere una maggior precisione nei dettagli più minuti. I giochi atletici erano considerati sacri dal popolo greco: le offerte votive erano una sorta di dono agli dei, intesi come benefattori e protettori degli uomini.