Opera: Schiavo morente

Copia di scultura

Schiavo Morente (copia in gesso)

Copia

Dimensioni
229 cm in altezza
Tecnica
calco al vero
Materiale
gesso alabastrino
Spazio
Rinascimentale

Originale

Autore
Michelangelo Buonarroti
Data
1513 circa
Periodo
Rinascimentale
Dimensioni
229 cm in altezza
Materiale
marmo
Luogo
Parigi, Museo del LouvreSi apre in una nuova finestra

Foto: Maurizio Bolognini. Proprietà: Archivio Museo Tattile Statale Omero.

Descrizione

“Io intendo scultura quella che si fa per forza di levare: quella che si fa per via di porre, è simile alla pittura”, Michelangelo Buonarroti, lettera a Benedetto Varchi.

La scultura dello Schiavo Morente, alta circa 230 centimetri, è stata realizzata in marmo nel 1513 da Michelangelo; l’opera originale è conservata al Museo del Louvre a Parigi.
Il Museo Omero ospita una copia da calco al vero in gesso alabastrino.

Lo “Schiavo morente” raffigura un giovane nudo a figura intera, in piedi, di straordinaria bellezza. Il corpo, levigato e armonico, è atteggiato in una posa sinuosa, nel momento in cui la morte lo coglie come in un sonno profondo, ponendo fine alla lotta per l‘esistenza.
Con la mano destra, appoggiata al torace, tenta di liberare il petto da lacci della prigionia, mentre l’altra mano è poggiata sulla sommità della testa, leggermente reclinata verso destra. La gamba destra è tesa, la sinistra è abbandonata con il piede appoggiato in punta: una posizione che sposta il bacino verso sinistra.

Michelangelo abbozza su una porzione di marmo in basso, dietro la gamba destra un babbuino, con lo scopo di sorreggere il peso della scultura.
In questo corpo nudo, stasi e movimento si contrappongono in un gioco di linee attraverso il quale la forma umana emerge dal blocco inerte del marmo. Le forme anatomiche sono delineate e scolpite nei minimi particolari. Il volto ha lineamenti perfetti, incorniciati da una cascata di capelli ondulati. Gli occhi sono chiusi e il suo viso richiama il momento dell‘ abbandono della vita terrena.

Sulla superficie della scultura, si possono apprezzare tattilmente le impronte delle martelline, delle raspe, delle gradine e dello scalpello usati da Michelangelo, che ultimò la parte frontale del corpo, lasciando invece allo stato di abbozzo tutto il tergo.

Quest’opera era stata progettata per il monumento funebre di Papa Giulio II, il quale commissionò nel 1505 il lavoro a Michelangelo.
Il complesso scultoreo non venne realizzato come ipotizzato inizialmente, tanto che Michelangelo donò lo Schiavo morente e lo Schiavo ribelle al fiorentino Roberto Strozzi, per la generosa accoglienza ricevuta nella sua casa romana durante le malattie del 1544 e del 1546. Lo Strozzi a sua volta ne fece omaggio al re di Francia.

Le interpretazioni date a questo Prigione, altro nome con cui sono conosciuti gli schiavi scolpiti dal Buonarroti, sono diverse. Se il Vasari li interpreta come personificazioni delle province controllate da Giulio II, il Condivi vede gli Schiavi come le arti mortificate dalla dipartita del pontefice.