Aldo Grassini – Presidente Museo Tattile Statale Omero.
Il Museo Omero a 28 anni dalla sua nascita propone una nuova sezione, quella dedicata al design italiano.
La legge istitutiva (n. 452 del 1999) nel definire le finalità della nuova istituzione indica, tra l’altro, all’Art. 2 l’impegno “a promuovere la crescita e l’integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere tra essi la conoscenza della realtà”. Quindi il Museo Omero non è pensato esclusivamente come un museo d’arte, anche se finora ha operato soprattutto in questo ambito.
E allora, allargare il suo ambito dal regno dell’arte convenzionalmente intesa al design diventa quasi un passo obbligato.
L’arte è la bellezza prodotta dall’uomo. Esiste una forte tradizione che associa indissolubilmente la produzione artistica alla condizione dell’unicità e ciò sembra confliggere con lo stesso concetto di arte industriale, necessariamente legata ad una produzione seriale. Ma oggi la cultura tende ad abbattere questi steccati e a muoversi in uno spazio libero da troppo rigide impostazioni ideologiche, peraltro più legate alla tradizione che ad una solida speculazione teorica.
Se produrre cose belle è il compito dell’artista, diventa questione secondaria discettare sullo strumento usato. Del resto, anche il design nasce dalla mente di un autore e la produzione in serie risponde ad esigenze sociali di una più ampia diffusione dell’uso. D’altra parte l’arte dell’incisione ha sempre cercato di contemperare l’originalità con la diffusione.
Ma il design, oltre a realizzare prodotti esteticamente validi, aggiunge un’intensa partecipazione alla vita quotidiana, abbina la bellezza all’utilità, accompagna le nostre azioni, anche le più noiose e ripetitive, con il piacere della gradevolezza e, a volte, perfino con l’ammirazione per la genialità. Insomma, il design concorre a migliorare la nostra vita!
Un altro aspetto per noi di fondamentale interesse, che ci propone questa moderna espressione artistica, è la sua intrinseca multisensorialità. E sì, perchè un oggetto di uso comune è fatto per essere manipolato, toccato senza remore. L’assurdo tabù del non toccare che regna ancora sovrano in quasi tutte le proposte museologiche secondo l’antico pregiudizio per il quale l’arte è essenzialmente visiva, crolla di fronte al design. Esso ci avverte in punta di piedi, quasi surrettiziamente, che è possibile godere di una cosa bella attraverso il semplice uso e l’insieme delle sensazioni e delle emozioni che esso può suggerire.
Il Museo Omero – lo abbiamo detto e ripetuto mille volte – nasce sì per offrire ai minorati della vista la possibilità di fruire dell’arte, ma si rivolge a tutti costituendo un modello di inclusione. La multisensorialità è la forma più democratica di proporsi perchè non esclude nessuno.
E la Collezione Design del Museo Omero raggiunge brillantemente questo obiettivo proponendo i suoi oggetti per quello che sono: materiali d’uso comune che possiamo guardare, toccare, ascoltare ed anche comprenderne l’origine e la funzione sociale nel contesto che li ha prodotti.
Ciò è interessante per tutti e spesso significa ricostruire la storia di una parte della nostra vita con tutte quelle emozioni che il ricordo riesce a riesumare. Ma è ancor più interessante per quelle persone, come i non vedenti, che hanno avuto meno occasioni di conoscere cose di cui tutti parlano o di rievocarne il ricordo: per i più giovani significa ampliare la conoscenza di una realtà che qui può valicare i limiti del verbalismo per entrare nella sfera della concretezza; per quelli, invece, che sono più avanti nel cammino dell’esperienza, può facilitare un salto nel passato che, insieme all’emozionante miracolo della memoria, capace di far rivivere sentimenti ed immagini che fanno parte del loro essere, può aiutare a comprendere meglio anche ciò che il fluire della vita ha sedimentato nel sottosuolo della coscienza.