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Luigi Gallo, Direttore Galleria Nazionale delle Marche e della Direzione Regionale Musei Marche.
Intervista di Gabriella Papini.
- Mai come in questi ultimi mesi si riflette, si discute e si formulano interrogativi, a livello scientifico e giornalistico, sul reale potere dei musei, e del ruolo che svolgono. Ritiene che sia tempo e che sia utile, ampliare e approfondire ancora questo dibattito?
Il dibattito sui musei e, più in generale, sul ruolo dell’arte nella vita delle persone è sempre un tema attuale. Va ricordato in questo contesto come la fondazione dei musei moderni, prima nella Roma settecentesca con i Vaticani, poi nella Parigi post rivoluzionaria con il Louvre, si accompagni inevitabilmente ad una riflessione profonda sulla società civile e sulle sue aspettative estetiche, sui credo politici, sulle radici culturali e l’orizzonte etico. Pensiamo ad esempio alla donazione nel 1471 da parte di Papa Sisto IV Della Rovere a favore del popolo romano delle sculture bronzee già conservate in Laterano e traslate in Campidoglio con la creazione del museo pubblico più antico del mondo: si tratta di un atto programmatico, di una visione profonda e concreta del ruolo dell’arte come simbolo della comunità, come radice comune ed al contempo dell’affermazione del Pontefice come garante della storia in continuità (e in un sottile contrasto) con il Senato romano. Il museo è sempre un luogo “sociale” e come tale deve essere interpretato, rispondendo alle esigenze della comunità ma anche proponendo visioni nuove che contribuiscano al suo sviluppo culturale. Mi sembra di grande importanza il recente aggiornamento della definizione di museo votata a Praga il 24 agosto 2022, nell’ambito dell’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM, frutto di un lungo processo partecipativo che ha coinvolto 126 Comitati nel mondo. Viene modificato l’Art. 3 dello Statuto di ICOM, proprio sottolineando il ruolo dell’istituzione nella società: Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Come dimostra tale sensibile intervento, il nostro tempo si sofferma sul tema dei beni culturali, visti non solo come testimonianza della storia e del gusto, ma anche come principale e (io lo spero ancora la bellezza salverà il mondo) mezzo di comunicazione e trasmissione del sapere. Il momento attuale rappresenta quindi un punto di svolta nella storia dei musei italiani, offrendo una grande occasione per ripensare i modi di comunicazione tra arte e pubblico. Mi sembra importante sottolineare come all’uscita dalle restrizioni imposte dalle note vicende legate alla pandemia, i musei abbiano accolto un numero importante di visitatori che simbolicamente tornavano nelle sale non solo alla ricerca della bellezza negata da un lungo isolamento, ma anche delle proprie radici culturali: le opere d’arte sono parte importante del nostro passato di individui e del futuro della nostra società. Ricordo ancora la fila di persone davanti alle Scuderie del Quirinale per vedere le opere di Raffaello: perché l’arte è una risposta.
- Ritiene che, date anche le sue importanti e numerose esperienze professionali precedenti il suo arrivo nelle Marche, il sistema museale e quello culturale ad esso collegato siano in crescita e stiano evolvendo qualitativamente? Sia a livello nazionale che strettamente territoriale?
Credo che i musei che ho l’onore e l’onere di dirigere e, più in generale, i molti eccellenti musei diocesani, civici, privati e le fondazioni che arricchiscono il prezioso tessuto culturale che contraddistingue il territorio marchigiano stiano rispondendo alle molteplici sollecitazioni della società civile, offrendo letture nuove ed innovative. Sono diverse le iniziative che stiamo portando avanti con successo, come le mostre e le aperture di nuovi spazi museali. Ad Ascoli Piceno ad esempio, abbiamo aperto ad aprile, dopo un’attesa decennale, una intera sezione legata alla città romana interamente accessibile ed inclusiva salutata da un vero successo di pubblico e dal plauso della società civile. Ancora voglio citare il secondo piano di palazzo Ducale a Urbino che a metà luglio abbiamo aperto interamente al pubblico, presentando più di cento opere che raccontano la storia dell’arte nella regione fra Cinquecento e Settecento; molte di esse sono frutto di donazioni, come quella operata dal Senatore Paolo Volponi, o di depositi, come la straordinaria raccolta della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro. L’allestimento delle sale del secondo piano, progettato dallo staff del museo tanto al livello scientifico che allestitivo, è caratterizzato da diverse declinazioni a seconda della caratterizzazione architettonica degli ambienti e dei materiali che devono essere esposti. Si è inoltre rinnovata la narrazione delle opere con un importante lavoro di scrittura della pannellistica alla quale hanno partecipato gli studenti della Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte di Roma. Con l’apertura delle nuove sale del secondo piano, spazi prima mai musealizzati, si porta a compimento quel processo di riconversione dell’intero edificio a scopo culturale, iniziato proprio con l’istituzione della Galleria Nazionale delle Marche, nel 1912, sotto la direzione di un giovanissimo Lionello Venturi. Oltre ad aumentare gli spazi espositivi e, di conseguenza, la quantità delle opere esposte, l’operazione include nel percorso spazi di grande valenza prima non visibili al pubblico, come il torricino sud, la loggia e la terrazza del Gallo. Penso anche alla grande mostra Urbino crocevia delle Arti, aperta fino al 9 ottobre, che ha dato modo di riflettere sulla produzione artistica alla corte d Federico da Montefeltro. Le nostre iniziative stanno incontrando un vero successo di pubblico e di critica: solo nel mese di agosto contiamo 31.000 visitatori che si aggiungono a quelli dei mesi precedenti confermando il ruolo centrale di Palazzo Ducale nel sistema dei musei nazionali. Siamo inoltre intervenuti riallestendo il museo archeologico d Cingoli e diversi progetti molto importanti sono in fase attuativa ad Arcevia, Senigallia, Ancona e Gradara, contribuendo a riformare il linguaggio e l’accessibilità dei musei marchigiani in linea con quanto avviene in Italia e all’estero. Ad Ancona, ad esempio, partirà a breve un importantissimo lavoro sui depositi del Museo Archeologico Nazionale che permetterà di rendere maggiormente fruibili i reperti conservati, aprendo così la possibilità del loro studio ed una più coerente esposizione.
- Auspica un ampliamento delle attività di studio e ricerca, unitamente a momenti esperienziali particolarmente originali ed innovativi? Magari oltre il tradizionale piacere estetico dell’arte?
Lo auspico certamente e ci stiamo muovendo proprio in questo senso. Ho già citato la collaborazione con la Scuola di Roma per le didascalie di Urbino, ma diversi sono i progetti in atto: primo su tutti il lavoro in fieri delle quattro università marchigiane che si sono consociate e stanno studiando approfonditamente e bene la storia delle rocche di Senigallia e Gradara per offrire una nuova e aggiornata lettura delle loro stratificazioni edilizie. Penso anche all’eccellente lavoro compiuto dalla Scuola di Specializzazione in Restauro Architettonico della Federico II di Napoli su Palazzo Ferretti ad Ancona che ha portato diverse novità alla sua storia ed alla redazione delle linee guida per il restauro del magnifico edificio cinquecentesco che comincerà a breve. Diverse convenzioni inoltre sono state messe in piedi con l’Università di Urbino, di Chieti, con la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte di Gubbio, con l’IMT di Lucca, dove sta prendendo il via un dottorato specificatamente dedicato agli studi museali, per fare dei nostri istituti dei centri di eccellenza nella formazione.
Accanto a tali collaborazioni, abbiamo rafforzato il ruolo dei musei nella vita delle città, accogliendo prestigiosi festival internazionali, come il Festival di Musica Antica a Urbino, per offrire al pubblico una esperienza varia e stratificata…senza nulla togliere al piacere estetico, che resta una chiave imprescindibile per appropriarsi nel profondo dei significati dell’arte.
- Come valorizzare un museo renderlo più “abitato” oltre che visitato? Più vissuto sia dai tecnici e gli operatori che dagli impropriamente detti visitatori? Sede di ulteriori e alternative espressioni artistiche, anche in orari e modalità differenti dalle consuete?
Chi lavora in un museo ci vive anche! Perché è un lavoro intenso e richiede molta dedizione e passione. Per gli orari nel corso dell’estate abbiamo dato ampio spazio ai notturni, aprendo fino alle 23 e proponendo iniziative e spettacoli dal vivo. Speriamo di poter continuare nel tempo e proporre aperture straordinarie nel rispetto sia del pubblico che dei lavoratori. Ne frattempo vi aspettiamo in tanti anche nelle domeniche gratuite!
- Il mondo imprenditoriale dovrebbe contribuire maggiormente allo sviluppo del sistema dell’arte a livello nazionale, come già in parte accade? I risultati potrebbero essere anche di un maggiore dinamismo operativo e progettuale della cultura?
Credo che la partnership fra pubblico e privato sia importantissima, non solo da un punto di vista economico come potrebbe sembrare da un primo approccio. Come dicevo prima, la cultura di un territorio trova nel museo una voce forte ed una potente cassa di risonanza per raccontarne la storia, evidenziando le specificità dei luoghi ed elaborando un racconto necessario per riannodare e tramandare l’identità specifica, per questo universale della società che rappresenta. La preziosa collaborazione di Confindustria al restauro della lunetta di Della Robbia conservata ad Urbino, ad esempio, ha dimostrato quanto l’imprenditoria senta vicino i temi della conservazione non solo per una legittima volontà di visibilità legata alla sponsorizzazione, ma anche per un senso di appartenenza al territorio ed alle sue eccellenze artistiche. Altrettanto si potrebbe dire per i restauri sponsorizzati da Confartigianato ed altre realtà territoriali. È davvero molto importante che il dibattito sull’arte e la sua gestione faccia parte integrante del nostro presente, riunendo tutti gli interpreti della contemporaneità, gli imprenditori, le persone incaricate della tutela e della valorizzazione per offrire il migliore futuro possibile al nostro patrimonio.
- Come considera il passaggio alla digitalizzazione e ad una sempre maggiore accessibilità dell’intero sistema dei beni culturali? Urbino e la splendida Galleria che lei dirige, sono certamente osservatorio privilegiato.Tutto ciò potrà migliorare la vita quotidiana?
Negli ultimi trent’anni le tecnologie digitali sono state il motore di un cambiamento che ha progressivamente interessato sia la sfera sociale sia quella culturale. Per quanto concerne i musei, la digitalizzazione riguarda tutti i settori della loro attività: dall’amministrazione alla catalogazione e conservazione delle collezioni, dalla gestione delle mostre alla mediazione fino alla comunicazione e al marketing. Trattandosi di un compito trasversale, le diverse aree sono chiamate ad affrontarlo insieme. Gli strumenti digitali possono approfondire l’esperienza espositiva e fornire ulteriori specifiche conoscenze. Internet non è soltanto il primo punto di accesso per ottenere informazioni e intrattenimento, è anche la rete in cui si genera una conoscenza comune, si sviluppa un patrimonio culturale creativo condiviso e si trattano argomenti di rilevanza sociale. Il sito web e le differenti piattaforme digitali rendono possibili offerte svincolate dal tempo e dal luogo, che a loro volta hanno un impatto sul museo. La digitalizzazione offre ai musei una vasta gamma di possibilità che permette loro di adempiere la propria missione di luoghi di conoscenza, custodia e comunicazione in modo diversificato, ampio, connesso, internazionale, inclusivo e partecipativo. Il tema della digitalizzazione del patrimonio è quindi fondamentale: si tratta di garantire una nuova prospettiva al patrimonio, non solo in termini di accessibilità, ma anche di tutela e conservazione. È un processo indispensabile che tutti i musei stanno compiendo per rendere pienamente disponibili le collezioni ed anche noi ci stiamo lavorando grazie a diversi progetti nell’ambito dei finanziamenti PNRR, sia per la Galleria Nazionale delle Marche che per la Direzione Regionale.
- Quindi vivere con e per la cultura, significa accaparrarsi, per quanto possibile, un po’ di felicità?
Le rispondo con una frase di Tolstoj “Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa”.