Tiziana Maffei, Direttore della Reggia di Caserta
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Il complesso della Reggia di Caserta è la testimonianza della volontà di Carlo di Borbone di sviluppare la prima monarchia in Italia di respiro europeo. Una corte di nuova fondazione nella campagna felix, tra il Vesuvio e il Volturno, poco distante dalla capitale del Regno Napoli. Il raffinato re Carlo, figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, coinvolse il celebre architetto Luigi Vanvitelli, noto all’epoca non solo per sapienza e rigore compositivo, ma per ingegno e concretezza costruttiva.
La Reggia di Caserta, nonostante le riduzioni di proprietà avvenute nel tempo, è un enorme complesso articolato nel Palazzo Reale di oltre 61.000 mq di superficie, il Parco di 123 ettari, il Bosco di San Silvestro di altri 60 ettari, l’Acquedotto Carolino, che ne percorre oltre 38 km, intercetta le acque delle sorgenti del Fizzo per riportarle al Palazzo con minimi salti di quota e infrastrutture maestosi come i Ponti della Valle di Maddaloni.
Il complesso nei suoi imponenti numeri di stanze, forniture, costi, manovalanza, attività produttiva attuata nel tempo, è un’opera territoriale, sociale ed economica. La straordinaria realizzazione, patrimonio Unesco dal 1997 insieme al borgo illuminista di San Leucio, è il cardine del sistema delle residenze reali che tra delizie e produttività segnò il Regno dei Borboni.
Un paesaggio culturale la cui trasformazione istituzionale in Museo Autonomo Statale di prima fascia, e il contestuale Piano commissariale del 2014 per la restituzione del complesso a destinazione esclusiva museale, educativa e formativa, hanno ormai tracciato le indiscusse potenzialità per sperimentare una visione di museo al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile.
Su questi presupposti l’attuale direzione ha orientato la visione di Museo Verde: un unicum nel quale il Parco è senza dubbio componente essenziale dei fragili ecosistemi da salvaguardare e potenziare. Così come l’adesione agli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 crea il necessario terreno di ricerca per una gestione sostenibile che riconosca il ruolo culturale e socioeconomico del museo nel territorio.
Un percorso impervio considerando l’urgenza di evolvere sia la percezione interna della struttura nella missione contemporanea del museo, sia la percezione esterna di una collettività oggi assuefatta all’idea di Palazzo quale museo contenitore e di un Parco monumentale considerato surrogato degli standard di verde assenti nel territorio urbanizzato cresciuto senza altre alternative.
Gli elementi del Museo Verde sono costitutivi. Dal principio ispiratore dell’acqua, quale elemento di spettacolarità nel complesso di fontane ma soprattutto sapiente sistema idrico realizzato per: assicurare l’approvvigionamento delle funzioni necessarie alla gestione della comunità di corte; irrigare i terreni e impiantare attività produttive nel territorio come nel caso delle coltivazioni, dei numerosi mulini e delle seterie di San Leucio; ossigenare, con architettonici salti di quota, le profonde peschiere nelle quali si allevavano le specie ittiche per la tavola del re e il cui surplus veniva commercializzato con il marchio Casa Reale. L’acqua garantì successivamente anche l’irrigazione del Giardino Inglese. Il giardino di paesaggio commissionato da Ferdinando e Carolina secondo la moda, introdotta dall’ambasciatore inglese Sir Hamilton, e realizzato dal giardiniere di origine sassone John Andrew Graefer. La composizione di un’ area silvestre ad oriente, come passeggiata tra rarità botaniche, suggestivi scorci, romantiche rovine; e un’area coltivata a ponente, con la componente utilitaristica destinata alla produzione, esposizione, acclimazione, fu da subito il luogo ideale per far evolvere la disciplina botanica quale scienza moderna. Lo studio e la riproduzione di specie vegetali da diffondere nei numerosi siti reali e nelle residenze aristocratiche del regno diventarono in breve tempo non solo occasione di dialogo e diffusione scientifica con altri giardini e orti botanici europei, ma attività commerciale.
Riconoscere i valori fondanti di questo complesso e inserirli nella propria missione è essenziale per restituire alla contemporaneità l’identità del complesso della Reggia di Caserta.
Le cinque funzioni primarie del museo nella Reggia di Caserta si dilatano quindi in azioni che operano in prospettiva. L’acquisizione non solo fisica ma immateriale, quale patrimonio di conoscenza interdisciplinare su collezioni il cui complesso sistema di relazioni non può più essere espresso dal singolo settore disciplinare. L’esposizione quale modalità di fruizione in una dimensione sia fisica che digitale. Conservazione come attività di salvaguardia che opera ai sensi dell’art 29 del Dlgs 2004, e formi al contempo un’azione di cura fondata sulla responsabilità condivisa tra istituzione e comunità di riferimento. Comunicazione come attività circolare fondata sulla partecipazione che può far emergere competenze e accrescere la necessaria consapevolezza della singola persona rispetto al proprio essere nel mondo. Ricerca come il futuro nel quale recuperare l’unicità della visione umanistica e visione scientifica. Ricerca applicata, sperimentale, innovativa da potere essere da supporto imprescindibile dello sviluppo di questo formidabile attrattore culturale anche in termini di produttività in un quadro di sano partenariato pubblico – privato. L’ambizione della Reggia di Caserta oggi è recuperare il valore proprio di paesaggio culturale, patrimonio dell’umanità, quale fonte d’ispirazione diretta e indiretta per la crescita di ogni persona all’interno della collettività.