Maria Stella Busana, professoressa Archeologia romana Dipartimento Beni Culturali Università Padova
e Francesca Farroni Gallo, archeologa specializzata in accessibilità museale.
Il Progetto “TEMART-Tecnologie e materiali per la manifattura artistica, i beni culturali, l’arredo, il decoro architettonico e urbano e il design del futuro” è una ricerca finanziata dalla Regione Veneto nell’ambito dei bandi Por-Fesr (2014-2020), che ha coinvolto il mondo delle imprese (quattro Reti Innovative Regionali: 3M Net, capofila del progetto, Venetian Cluster, Euteknos, Luce in Veneto) e gli enti di ricerca attraverso la Fondazione Univeneto (Università di Padova, di Venezia “Ca’ Foscari, di Verona, IUAV) al fine di rafforzare il legame tra ricerca e ambito produttivo locale.
La parte preponderante del progetto TEMART si è focalizzata su casi studio di tipo industriale.
Il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, in collaborazione con gruppi di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, del Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona e del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia e in sinergia con tre consorzi d’imprese: 3M Net, ECOR e Venetian Heritage, ha affrontato invece una ricerca innovativa su manufatti archeologici e artistici.
Al sotto-progetto, promosso dal Dipartimento di Beni Culturali, coordinato dalla Prof.ssa Maria Stella Busana, hanno lavorato Giovanna Baldissin, Giuseppe Salemi, Monica Salvadori, Emanuela Faresin, Francesca Farroni Gallo, Cecilia Rossi, Clelia Sbrolli e Luca Zamparo.
L’obiettivo principale era la validazione di protocolli per ottenere delle repliche finalizzate alla valorizzazione dei manufatti: a) una riproduzione pedissequa per la libera fruizione; b) una riproduzione per la fruizione da parte di persone con disabilità visive.
Il focus del progetto è stato dunque il rilievo digitale tramite scansione e la riproduzione con stampa 3D di alcuni manufatti diversi per caratteristiche tecniche e materiali, ma accomunati dalla notevole complessità formale e cromatica.
La disponibilità di riproduzioni 3D, infatti, favorisce il prestito temporaneo degli originali o l’allestimento di reperti conservati altrove e permette la realizzazione di percorsi tattili inclusivi.
Pur consapevoli che il contatto diretto con un’opera d’arte o con un reperto archeologico originale costituisce senza dubbio l’esperienza più efficace, anche l’esplorazione tattile di repliche è un’ottima opportunità, in particolare per coloro che hanno delle disabilità visive.
Per offrire un contributo alla riflessione su un tema assolutamente attuale e per guidare le scelte metodologiche e tecnologiche del progetto TEMART, sono state pianificate sin dall’inizio due ricerche, condotte da Francesca Farroni Gallo e Clelia Sbrolli, miranti a esplorare le esigenze specifiche dei fruitori delle riproduzioni: da un lato, una ricognizione delle soluzioni realizzate nelle realtà museali in Italia e all’estero, raccogliendone anche le valutazioni ricevute e le problematiche emerse; dall’altro, test tattili sulle due serie di calchi dei rilievi del Donatello esposti presso il Museo Antoniano della Basilica del Santo (Padova) coinvolgendo l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Padova.
La ricognizione ha permesso di analizzare 55 realtà museali comprendenti percorsi tattili, di cui 44 in Italia e 11 all’estero, e provvedere a una loro specifica schedatura. È emersa la grande varietà delle soluzioni adottate, raggruppabili in quattro categorie:
- percorsi con opere originali (principalmente statuaria e ceramica);
- postazioni tattili con riproduzioni o calchi, che utilizzano soluzioni differenti per dare rilievo ai diversi concetti da veicolare;
- percorsi con rielaborazioni delle opere per renderle fruibili a persone con disabilità visiva (principalmente pannelli tattili di dipinti);
- percorsi misti, comprendenti originali e riproduzioni/calchi o rielaborazioni di opere.
Il campione dei musei esteri, seppur limitato, vede 6 musei scegliere un percorso composto da riproduzioni e calchi, 4 da originali e riproduzioni e un solo museo da rielaborazioni di opere.
Differente è la situazione italiana: 11 musei mettono a disposizione gli originali, 13 sono dotati di un percorso misto con originali e calchi, 10 di un percorso con rielaborazioni delle opere e 8 musei prevedono un percorso tattile composto da riproduzioni e calchi, mentre solo 2 musei offrono percorsi di sole rielaborazioni di opere. Le riproduzioni risultano in genere realizzate tramite stampa 3D e tecniche di post-lavorazione manuale per ottenere repliche il più possibile realistiche anche al tatto.
La scelta di una tipologia di percorso rispetto a un’altra è spesso determinata dalla collezione permanente del museo: l’alta percentuale di fruizione tattile degli originali in Italia è in parte determinata dalla massiccia presenza di collezioni statuarie; le collezioni di dipinti rendono necessario avvalersi di riproduzioni che possano decodificare un linguaggio non comprensibile alle persone con disabilità visiva.
A titolo di esempio, si nomina una recente iniziativa in Veneto.
Nel 2019 il Museo Nazionale e Area archeologica di Altino, nell’ambito della mostra “Antenati Altinati”, ha creato, in collaborazione con l’Associazione Lapis, l’iniziativa “Tocchiamoli con mano”; all’interno della mostra, parte dei monumenti funerari lapidei originali di età romana assieme a un “pannello tattile” che riproduce un rilievo funerario di età romana sono stati utilizzati per realizzare mensilmente visite e laboratori per persone con disabilità visive, momentaneamente bloccate a causa della pandemia.
L’esperienza dei test tattili organizzati con i membri dell’UICI di Padova, pur dimostrando la difficoltà di definire delle linee guida comuni dovuta sia alle capacità esplorative di ciascun membro che al diverso materiale delle repliche, ha fornito indicazioni fondamentali per indirizzare le scelte del progetto.
Quest’esperienza ha permesso di testare la chiarezza dei calchi storici, che si sono rilevati tali ancor di più se coadiuvati da una spiegazione iniziale e/o da pannelli tattili semplificati, e di comprendere che sono preferite riproduzioni in scala 1:1 con possibili supporti didattici con ingrandimenti dei dettagli o delle versioni semplificate. È, inoltre, emerso come sia più importante che la riproduzione sia realizzata in materiali piacevoli al tatto piuttosto che nel materiale originale, che può però essere riproposto sotto forma di tassello per rendere l’esperienza più completa.
Il progetto TEMART si è concentrato, per quanto riguarda l’accessibilità, su un caso studio in particolare. Si tratta della formella bronzea del Cristo Passo realizzata a rilievo dal Donatello verso la metà del XV secolo, oggi collocato sull’altare maggiore della Basilica del Santo. La scelta è ricaduta su quest’opera data l’elevata rilevanza artistica dell’opera stessa e la difficoltà di fruizione, essendo l’altare non accessibile al pubblico.
Alla luce dei risultati delle ricerche preliminari sullo stato dell’arte in materia e della visita con i membri dell’UICI di Padova, il gruppo di lavoro ha deciso di procedere con il rilievo digitale e la successiva stampa 3D a scala 1:1 della formella in differenti materiali, oltre che alla realizzazione di un dettaglio a scala amplificata. Sono stati sperimentati, parallelamente, diversi trattamenti delle superfici a scopo di ottenere sia risultati piacevoli al tatto sia sicuri dal punto di vista igienico.
Nello specifico, la formella del Cristo Passo è stata acquisita con tre differenti tecnologie ottenendo modelli tridimensionali con caratteristiche diverse: la scansione a lama laser, effettuata da Ecor International, la scansione con luce strutturata, realizzata dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, che ha ottenuto il rilievo più completo e particolarmente adatto alla realizzazione di riproduzioni tridimensionali fisiche, e la microprofilometria a olografia conoscopica, utilizzando un prototipo del Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona, risultata efficace per l’acquisizione di dettagli e per la valutazione dello stato di conservazione.
Dai file elaborati sono stati realizzati prototipi a scala 1:1 sia in materiale metallico che polimerico e sono state valutate le tecnologie da utilizzare nelle fasi di trattamento superficiale, come la verniciatura delle riproduzioni polimeriche e la finitura di quelle metalliche.
La scansione realizzata con uno scanner a luce strutturata, così come descritto da Giuseppe Salemi e da Emanuela Faresin nell’articolo “Percorsi tattili per i beni archeologici e artistici in Italia e all’estero: il progetto TEMART e il Cristo passo di Donatello”, in corso di pubblicazione nella rivista Il Santo, ha permesso di acquisire il dato utilizzando la proiezione di pattern di luce sull’oggetto che, modificandosi a seconda della morfologia della superficie della formella, permette di determinare una tripletta di coordinate x, y, z, dove quest’ultima è la distanza del punto dallo strumento. In fase di scansione viene, inoltre, registrata anche l’informazione cromatica, il che permette di ottenere un modello 3D ad altissima risoluzione e fotorealistico, fruibile per più scopi e rielaborazioni.
La successiva stampa 3D comporta, così come spiegato da Nicolò De Marchi nel lavoro precedentemente citato, prima la trasformazione dal reale al digitale e poi nuovamente al tangibile. Il rischio è che fra i vari passaggi si possano perdere dettagli dell’opera o di non riuscire a costruirli con la giusta fedeltà all’originale. Il file del rilievo 3D viene suddiviso in sezioni planari, operazione detta slicing, il cui spessore è dato dalla capacità del sistema con cui lo si realizzerà; una stampante con accuratezza maggiore potrà realizzare strati di spessore inferiore. Una volta terminata la stampa sono necessarie delle operazioni che permettono la pulizia delle superfici, la rimozione delle strutture di supporto o l’assemblaggio di varie parti.
Per la riproduzione del Cristo Passo il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova ha scelto di utilizzare la tecnologia PolyJet®, assimilabile come funzione alla stampa bidimensionale a getto di inchiostro. Similmente a quanto succede nelle normali stampanti, la tecnologia PolyJet® prevede piccoli ugelli che spruzzano goccioline ridottissime di polimero andando a formare il primo strato; l’operazione si ripete di volta in volta andando a creare strati successivi di polimero. Il materiale si solidifica tramite la luce UV strato dopo strato. Questa tecnologia necessita di un supporto che permette di sorreggere la geometria dello stampato prima del termine della riproduzione. Per questa tecnologia viene usato un supporto gelatinoso, che una volta terminata la riproduzione, si elimina con un semplice getto d’acqua.
La criticità maggiore è stata rappresentata dalla dimensione della formella, troppo grande per essere realizzata attraverso una sola stampata dalla macchina utilizzata. Attraverso un attento lavoro di ricerca, la formella è stata stampata in più pezzi ricongiunti solo successivamente lungo linee già presenti nell’opera, come il drappeggio o le linee di contorno delle figure principali. Questa soluzione ha consentito di mascherare, fino a rendere quasi impercettibili, le congiunture tra le varie componenti.
Ulteriori stampe sono state realizzate dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona e dall’azienda Ecor.
Venetian Cluster ha, successivamente, eseguito campioni in negativo e positivo per sperimentare la fattibilità della riproduzione in serie sulla base di prodotti industriali.
Le attività svolte nell’ambito del progetto “TEMART” dimostrano come l’approccio interdisciplinare permetta di testare differenti metodologie e scelte tecniche, al fine di individuare le soluzioni migliori per la riproduzione 3D dei beni culturali fruibili alle persone con disabilità visive. Si auspica di poter realizzare in futuro test di verifica finale dei prototipi con i partecipanti dell’Unione ciechi e ipovedenti di Padova della prima visita, non attuati a causa dell’emergenza sanitaria, per poter capire l’effettiva bontà delle riproduzioni realizzate e quali di queste offrono i risultati migliori, al fine di individuare, sempre più nel dettaglio, un protocollo applicativo utile alla realizzazione di riproduzioni accessibili dei beni culturali.