Andrea Socrati, responsabile Progetti Speciali del Museo Omero
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La tendenza a realizzare modelli architettonici in scala ridotta o a miniaturizzare edifici di varia tipologia, è una prerogativa delle diverse culture, dall’antichità ai giorni nostri.
Dal bacino del Mediterraneo alla Mesopotamia, dalla Cina al profondo Oriente fino alle culture della Mesoamerica, per fare un breve excursus storico, esistono testimonianze di miniaturizzazioni che ci svelano le diverse funzioni che esse hanno assolto nel corso del tempo.
Gran parte dei modelli architettonici oggi esposti nei principali musei di tutto il mondo sono stati ritrovati nelle tombe e negli edifici sacri.
Nel primo caso la funzione era quella di consentire al defunto di trovarsi in un ambiente familiare nella sua nuova vita e per testimoniare il suo status sociale, per questo insieme alla salma, venivano posti nella tomba le riproduzioni, soprattutto in terracotta ma anche in legno e in bronzo, della casa, del palazzo, della fattoria, ecc. Questo vale per l’Egitto dell’XI Dinastia, facendo riferimento ai venticinque modelli in legno ritrovati nella tomba di un alto funzionario e riproducenti ambienti e scene di vita quotidiana, come vale per la Cina del periodo degli Han Orientali e dei Tre Regni con esempi di miniaturizzazioni in terracotta dipinta di abitazioni a più piani, di padiglioni usati dai ricchi proprietari terrieri per trascorrere il tempo libero, di fattorie con i diversi ambienti di lavoro e di vita.
Nel secondo caso, quello dei doni votivi, i modelli architettonici, solitamente riproducenti il tempio con la divinità alla quale erano dedicati, venivano lasciati come offerta e ringraziamento presso gli edifici sacri. E’ interessante ricordare un paragrafo del capitolo 19 degli Atti degli Apostoli relativo alla predicazione di Paolo ad Efeso e titolato “Il tumulto degli argentieri”, che testimonia l’esistenza di artigiani che si dedicavano alla realizzazione di modelli di templi per offerte votive: “Un argentiere di nome Demetrio faceva tempietti di Diana in argento, e procurava gran guadagno agli operai. Egli li raccolse tutti, uniti con gli altri dello stesso mestiere e disse loro: «Amici, voi sapete che di questa nostra arte noi viviamo; ora vedete e udite che questo Paolo sta persuadendo e sviando la moltitudine, non solo in Efeso ma in quasi tutta l’Asia, dicendo che quelli fatti con le mani non son dèi. Onde non solo c’è pericolo che la nostra industria cada in discredito, ma che anche il tempio di Diana, la gran dea, non conti più nulla, e sia spogliata della sua maestà colei che tutta l’Asia e tutto il mondo adorano”. Vale però la pena di ricordare come il valore votivo dei modelli architettonici permanga fino al tardo Medioevo, anche se spesso assimilato dal linguaggio pittorico, con la rappresentazione dei patrocinatori nell’atto di offrire il modellino dell’architettura. E’ il caso, ad esempio, di una scena del ciclo di Giotto nella Cappella degli Scrovegni dove il patrocinatore, Enrico Scrovegni, offre alla Madonna il modello della costruzione.
Chiusa questa prima fase caratterizzata dalla riproduzione di elementi architettonici preesistenti, entriamo in quella dove il modello architettonico anticipa la costruzione dell’edificio stesso. Soprattutto a partire dal Quattrocento, i modelli in scala assunsero la funzione specifica di comunicazione del progetto architettonico e furono utilizzati anche nei concorsi. Funzione, quest’ultima, che si conserva tutt’oggi e che si avvale delle straordinarie possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dalla prototipazione digitale. Filippo Brunelleschi si aggiudicò la commessa per la costruzione della Cupola del Duomo di Firenze grazie al suo modello, particolarmente dettagliato, in mattoni e legno. Nel Cinquecento, rimanendo sempre nel capoluogo toscano, emergono due diverse modalità di intendere i modelli architettonici, concepite da due figure di primo piano: Baccio d’Agnolo e Michelangelo. Se il primo predilige per i suoi modelli forme severe ed essenziali, come nel modello ligneo della chiesa di San Giuseppe a Firenze conservato presso il Museo di San Marco, il secondo tende a forme ben più complesse, elaborate e funzionali al progetto esecutivo, come esemplificato dal modello ligneo della facciata di San Lorenzo, conservato presso il Museo di Casa Buonarroti. Michelangelo non mancò di criticare i sintetici modelli di Baccio, tra i quali quelli eseguiti proprio per San Lorenzo, commessa inizialmente affidata ad entrambi, definendoli “una cosa da fanciugli”.
Tornando al presente, i modelli e le miniaturizzazioni del passato rivestono una grandissima importanza per lo studio delle antiche civiltà, consentendoci di conoscere ambienti e aspetti della loro vita quotidiana e soprattutto di conoscere le forme e le tipologie di edifici e costruzioni architettoniche che, distrutte nel tempo, ci sarebbero rimaste ignote.
In tal senso, dunque, assume particolare importanza, anche sotto l’aspetto pedagogico, la realizzazione di modelli di architetture del passato di cui ci sono giunti solo resti o descrizioni.
Presso il Museo Omero di Ancona è ospitata una collezione di modelli architettonici, alcuni dei quali ricostruiscono proprio monumenti incompleti come il Partenone oppure il tempio dedicato a Venere Euplea, di cui sono rimaste solo le fondamenta e sulle quali è stata eretta la cattedrale del capoluogo marchigiano. Per gli studenti che affrontano lo studio della storia dell’arte, dunque, tale collezione riveste un ruolo didattico importante, ma anche per i semplici visitatori che hanno la possibilità di vedere i monumenti nella loro globalità. Se pensiamo poi al pubblico non vedente, il modello in scala ridotta diventa fondamentale per consentire a tali persone, attraverso la lettura tattile, di conoscere le bellezze del patrimonio architettonico della storia, altrimenti ridotte a semplici descrizioni verbali.
Dulcis in fundo, veniamo all’aspetto estetico. I modelli architettonici costituiscono spesso delle vere e proprie opere d’arte, capaci anche di suscitare emozioni estetiche. Il modello ligneo del Duomo di Milano, detto il “modellone”, la cui realizzazione, iniziata nel Cinquecento si è protratta per tre secoli, è conservato in una stanza apposita presso il Museo del Duomo e non finisce mai di stupire e meravigliare i visitatori.
Tornando al Museo Omero, non si può rimanere indifferenti davanti al maestoso e superbo modello della Basilica di San Pietro così come risulta impossibile non provare piacevoli sensazioni e resistere all’impulso di accarezzare i piccoli modelli lignei della Mole Vanvitelliana e del Duomo di San Ciriaco, paragonabili a delle vere e proprie opere di oreficeria.